Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre 2020

Ai fini della tassazione IRPEF, è necessario stabilire se il soggetto possa essere qualificato non residente, oppure se lo stesso, pur trovandosi all’estero, mantenga la residenza in Italia. Nel primo caso è tassato in Italia limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato; nel secondo caso mantiene la soggettività anche per i redditi prodotti all’estero.
REQUISITI:
Si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta:
- risultano iscritte nell’anagrafe della popolazione residente nello Stato;
- hanno il domicilio nello Stato, cioè hanno ivi stabilito la sede principale dei loro affari ed interessi, anche morali e sociali;
- hanno la residenza nello Stato, hanno cioè in Italia la loro dimora abituale.
ATTENZIONE:
I requisiti sono alternativi tra loro e non concorrenti: è sufficiente, pertanto, la presenza di uno solo di essi, affinché un soggetto possa essere considerato fiscalmente residente in Italia.
REQUISITO DELLA MAGGIOR PARTE DEL PERIODO D’IMPOSTA:
È verificato se il periodo di permanenza in Italia è di almeno 183 giorni (184 giorni negli anni bisestili), anche non continuativi.
Non rileva il periodo complessivo superiore a 183 giorni se cade a cavallo di due anni solari e se, in ciascun anno, è inferiore a 183 giorni.
I giorni di presenza fisica di un soggetto che lavora all’estero come dipendente devono essere calcolati includendo:
- una frazione di giorno;
- il giorno di arrivo;
- il giorno di partenza;
- i sabati e le domeniche, i giorni festivi e di ferie goduti indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi;
- i congedi per malattia, a meno che tale malattia non impedisca alla persona di lasciare il Paese quando avrebbe avuto, altrimenti, diritto ad essere ivi esonerata dall’imposizione sui redditi da attività di lavoro dipendente.
I giorni trascorsi nel Paese ove è svolta l’attività per le seguenti ragioni:
- decesso o malattia di un familiare;
- interruzione dovuta a scioperi o serrate;
- interruzione dovuta a ritardi delle consegne.
ISCRIZIONE ALL’AIRE:
La semplice cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituiscono elementi determinanti a far perdere lo status di residente sotto il profilo fiscale, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali.
L’Amministrazione, per legittimare la pretesa tributaria nei confronti del contribuente che abbia provveduto alla cancellazione dai registri anagrafici e alla contestuale iscrizione all’AIRE, deve dimostrare che lo stesso abbia conservato comunque in Italia il centro dei suoi interessi e attività professionale.
DOMICILIO:
Per i residenti il domicilio coincide, normalmente, con il Comune nella cui anagrafe si è iscritti. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria, può stabilire il domicilio fiscale del contribuente nel Comune ove è svolta in via continuativa l’attività.
Per i non residenti il domicilio è fissato nel Comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito si è prodotto in più Comuni, nel Comune in cui è prodotto il reddito più elevato. I cittadini italiani residenti all’estero in forza di un rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione e quelli considerati residenti in quanto emigrati in Stati a fiscalità privilegiata, hanno il domicilio nel Comune di ultima residenza in Italia.
N.B: È da considerare in Italia il domicilio di un contribuente se la famiglia risiede in Italia e sono intestati a suo nome contratti d’affitto e utenze. Nel caso invece di contestuale residenza fiscale in Italia e in uno Stato estero, si determina un conflitto di residenza da risolvere facendo riferimento a quanto stabilito all’interno della Convenzione contro le doppie imposizioni (se stipulata) tra Italia e Stato estero.
CENTRO DEGLI INTERESSI ECONOMICI E PERSONALI IN ITALIA:
Gli elementi di prova che dimostrano che i contribuenti – pur avendo residenza anagrafica in Paesi esteri hanno comunque mantenuto i propri interessi economici e personali in Italia, possono essere:
- lunga permanenza in località italiane (dimostrata dai viaggi aerei di rientro dall’estero);
- partecipazione a concerti, sfilate di moda, eventi mondani tenuti in diverse città italiane;
- frequente apparizione in trasmissioni televisive nazionali, oltre che vari contratti stipulati con case discografiche e compagnie assicurative italiane;
- presenza in Italia degli affetti familiari;
ATTENZIONE:
Se il soggetto mantiene in Italia i propri legami familiari o il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali, ciò è di per sé sufficiente a realizzare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano. In particolare, indipendentemente dalla presenza fisica e dalla circostanza che l’attività lavorativa sia esplicata prevalentemente all’estero, sono indici significativi – ai fini dell’eventuale residenza fiscale – la disponibilità di una abitazione permanente, la presenza della famiglia, il possesso di beni anche mobiliari, la partecipazione a riunioni d’affari, la titolarità di cariche sociali.
RESIDENTI IN STATI E TERRITORI AVENTI UN REGIME FISCALE PRIVILEGIATO:
Si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiate.
L’elenco degli Stati a fiscalità privilegiata è riportato nel D.M. 4 maggio 1999.
Si tratta di una presunzione relativa, in base alla quale l’Amministrazione finanziaria considera fiscalmente residente in Italia il soggetto, che abbia dichiarato la propria residenza in uno dei Paesi tassativamente elencati dal decreto.
È posto a carico del contribuente che si è trasferito in Paese a fiscalità privilegiata l’onere di dimostrare la propria residenza all’estero, generalmente incombente sull’Amministrazione finanziaria,adducendo fatti o atti che comprovino l’effettività della situazione dichiarata, in coerenza con un reale e duraturo collegamento con lo Stato di emigrazione.
Si assiste ad un’inversione dell’onere della prova, per cui, in presenza di un eventuale accertamento, l’individuo deve fornire tutti gli elementi idonei a provare la non sussistenza di legami familiari ed economici con l’Italia, anche in relazione alla durata del periodo di permanenza all’estero e la sussistenza di legami reali e duraturi con lo Stato di emigrazione.
CONTROLLO DEI COMUNI:
I comuni, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero, confermano all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, competente per l’ultimo domicilio fiscale, che il richiedente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale.
Per il triennio successivo alla richiesta di iscrizione, l’effettività della cessazione della residenza nel territorio nazionale è sottoposta avigilanza da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, la quale si avvale delle facoltà istruttorie previste ai fini dell’accertamento delle imposte.
REDDITI DETENUTI IN PAESI BLACK LIST:
Gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, se non vengono indicati Quadro RW del mod. Redditi – PF ai soli fini fiscali si presumono costituiti mediante redditi sottratti a tassazione, salva la prova contraria.
In tale caso sono raddoppiati sia i termini di accertamento ai fini delle imposte sui redditi che le sanzioni.